LA DORATURA CONSISTE NELL’APPLICARE SOTTILI FOGLIE D’ORO SU UNA SUPERFICIE APPOSITAMENTE PREPARATA
L’uso di arricchire di ori le pitture fu in uso fin dall’antichità più remota in tutto l’Oriente (Cina, Giappone, India, Persia) successivamente in Egitto, Grecia, Roma. In età greca e romana era diffusa l’usanza di dorare armi, mobilio, statue, vasi. In pittura, la doratura era un processo terminale tipico della pittura su tavola e della miniatura del Medioevo fino a tutto il primo Rinascimento. Veniva applicata nelle icone, nei fondi oro, nelle miniature dei messali e nelle aureole delle figure di santi.
La doratura può essere effettuata sia con foglia d’oro vero che con foglia d’oro imitazione o “matta”. A seconda del tipo di foglia d’oro che si vuole utilizzare si dovranno eseguire diversi tipi di operazioni.
La prima che è in comune con i due diversi tipi di doratura è la preparazione del fondo o ammannitura. Sul legno grezzo perfettamente levigato deve essere applicata una mano di colla di coniglio. Dopodichè si procede stendendo una mano ben uniforme di Bianco di Spagna, mischiato con la colla di coniglio scaldata, facendo attenzione a farlo penetrare bene negli intagli e curando gli spigoli. I successivi strati di “intonaco” vanno applicati con Gesso di Bologna. Occorrono più passaggi se l’oro dovrà poi essere “brunito” (lucidato con pietra d’agata). Per le varie mani successive occorre stare più leggeri.
Terminata questa fase si procede alla levigatura che deve essere fatta ogni due strati di gesso. Prima di della levigatura occorre però liberare gli intagli da eventuali colature. Per il ritocco e la raschiatura si utilizzano raschietti di varie forme e misure, ognuno con la propria caratteristica a seconda della difficoltà dell’intaglio. E’ un’operazione molto delicata perchè si corre il rischio di rimuovere troppo intonaco e mettere a nudo il legno. Dopo la raschiatura si procede alla levigatura. Una volta si utilizzava la teletta o pelle d’uovo… oggi con la carta vetrata si fa prima ma si rischia di lasciare dei segni sulla superficie.
L’operazione successiva è quella della lavatura: dopo aver spolverato molto bene, si stende sulla superficie, con un pennello di setola, una mano di alcool puro allo scopo di togliere i residui di polvere e di isolare il gesso per l’applicazione del bolo.
L’appretto di bolo è la base su cui si applica l’oro con il metodo a guazzo. Il bolo è un’argilla nella cui composizione rientral’ossido di ferro, da qui la tipica colorazione rossa. Nella doratura, la colorazione rossa del bolo incide in maniera sostanziale sulla profondità di colore della foglia oro in quanto questa fa trasparire la luce verde trattenendo la componente rossa della stessa; di per sé il rosso del bolo conferisce nuovamente un equilibrio cromatico all’oro, dandogli quello che in gergo si dice più “calore”.
Per la doratura a guazzo si stende il bolo a più strati. Per ottenere l’effetto opaco bastano due o tre mani, per avere un effetto lucido è preferibile aumentare fino a cinque o sei. Per la prima mano di bolo si utilizza un pennello a setole dure, per le successive un pennello morbido in pelo di vaio o di martora e bisogna fare attenzione a coprire perfettamente la superficie da dorare. Ogni mano deve essere stesa quando la precedente è completamente asciutta. Il bolo va mantenuto tiepido a bagnomaria. Nel caso di intervento di restauro bisogna avvicinarsi il più possibile al colore del bolo originale aggiungendo piccole quantità di colore a tempera. Quando è perfettamente asciutto si strofina con uno straccio ruvido fino a rendere la superficie lucida.
Il metodo di doratura a guazzo sfrutta la caratteristica del bolo che è quella di trattenere l’acqua per cui, bagnandolo si riattiva la colla che ne costituisce il legante necessaria a far aderire la foglia.
Per applicare, infine, la foglia sono necessari il cuscinetto, la paletta da doratore, il libretto d’oro in foglia e il pennello di vaio.
Si taglia l’oro nella misura necessaria e dopo aver abbondantemente bagnato con un pennello tondo la superficie da dorare con acqua tiepida si attira la foglia con la paletta da doratore. Pe fare ciò occorre caricare elettrostaticamente i peli della paletta strofinandola dapprima su una guancia, sui capelli o su un tessuto sintetico. Dopodichè la foglia d’oro va adagiata sulla superficie bagnata facendola aderire soffiando leggermente. E’ importante procedere a piccoli pezzi tamponando leggermente con un batuffolo di cotone. Quando la doratura è asciutta, si sfrega leggermente per ripulirla dalle briciole con pelle di daino.
Il passaggio successivo è la brunitura che è un’operazione che consiste nel rendere la doratura più lucida utilizzando la pietra d’agata. Bisogna eseguire questa operazione al momento giusto perchè se lo strato è ancora molle la foglia metallica si strappa e rinviene il gesso sottostante e quindi bisogna ripetere tutte le operazioni; se è secco, il lavoro diventa faticoso e non si riesce a lucidare a sufficienza. Si sceglie il brunitoio con la forma più adatta in base alla sagoma da brunire e si inizia a lucidare passando la pietra d’agata con movimento deciso ma omogeneo, avendo cura di lisciare tutta la superficie coperta dalla foglia d’oro.
Nella doratura a missione , ormai usata per dorature commerciali con oro imitazione, nella preparazione del fondo si può evitare la stesura del bolo utilizzando al suo posto una vernice coprente di un colore rosso bruno ad imitazione del bolo stesso. Dopodichè si stende la missione che consiste essenzialmente nello stendere un liquido con potere adesivo sull’oggetto da dorare ed applicare poi la foglia d’oro. Questo liquido adesivo è chiamato missione (da cui il nome della tecnica).